Anche noi a Visome abbiamo un Dottorino, chi è quel fortunato che non lo conosce… (nel senso che vuol dire che sta da Dio, e non ha avuto ancora bisogno di contattarlo…) Per prendersi il posto subentra la gara, che consiste nell’arrivare primo, appena l’ex barbiere apre la saletta d’aspetto. Man mano che arriva gente si sente spesso la domanda di rito: “Elo chi all’ultimo!” tutti si guardano attorno, e speri sempre che chi è prima di te si sbagli, così da avanzare di un posto, ma succede raramente. Manca poco all’arrivo del (camion) nero del Dotorìn. La stanzetta ormai pullula di personaggi, di solito si conversa a bassa voce col vicino, per non far sapere agli altri le tue (rogne). Uno fa finta di leggersi il giornale, sempre in quantità sul tavolino, ma in realtà lo stà solo sfogliando che si sente dire dai più loquaci… Atù che tì”, sei costretto a rispondergli, anche se non ne hai voglia, la cortesia innanzitutto, ma con la rogna che ti ritrovi addosso devi proprio dirgli la verità? Allora metti in funzione il cervello per trovare qualche frottola, stando sul superficiale…”Na influenzeta…, mai de stàgìòn…”, sperando che se la incarti, altrimenti la conversazione và avanti e allora poi, chi più ne ha, più ne mette, diventiamo tutti dei Pinocchi. Un altro augurio che ti fa la più anziana della compagnia è; “Ehhh, tosàt, no ste gner vèci”, ma cosa vuole dirmi, che òe da tirar i scàrpèt prima del previsto?…ma va a quel paese… L’e rivà al Dotorin, un’occhiata veloce alla stanzetta per salutare, ma in realtà per controllare che razza di giornataccia lo aspetta…, “aiuto…oggi ce ne sano almeno una ventina…si prospetta una vera faticaccia…”.
Entra il primo paziente, il secondo, il terzo…nòl gnen pì fòra…, “Sàtù che chelàvea?…” domanda frequente in questa circostanza. Nessùn sa mai gnènt…e chi sa tace, non si tradisce l’amico. Ogni tanto mette dentro la testa un nuovo cliente, scuote il capo e se ne va sull’agitato, troppo da aspettare. Quando è il nostro turno, ci si prepara sempre più vicino alla porta, per far sapere che tocca a tè, e non perdere neanche un secondo, si entra, ma sul più bello che sei lì, disteso e mezzo nudo, con Claudio che ti visita, drinn…drinn…drinn…al telefono,…bisogna rispondere, se fosse un’emergenza? Invece è il solito furbastro, che per non fare la fila vuole farsi dare spiegazioni, visita, e pure i medicinali per cellulare. Ormai si è fatto tardi, e chi ha accompagnato in macchina la suocera, la mamma o un parente incomincia a dare segni di nervosismo, ormai hanno percorso il parco e il cortile in lungo e in largo, qualcuno inveendo contro quello che non si vede…ma mai nessuno che entri in chiesa solamente per un segno della croce. Al dotorìn ormai è esausto, a forza di sentire oltre che alle malattie vere, quelle immaginarie, talvolta deve anche mettersi nei panni del prode consolatore, per farci contenti, e congedarci in pace, e comincia a chiudere la porta dietro di noi, per far sapere ai soliti ritardatari che anche per lui è finita l’ora di ambulatorio. Finalmente l’ultimo…ora può permettersi un attimo di respiro, (per modo di dire), perché deve ancora passare a visitare quelli più sfortunati che sono a letto, quindi casa per casa. Chiude finalmente la porta alle sue spalle, lasciando un blocchetto di ricevute già compilate, incastrate nel telaio della stessa, frutto di quelli che hanno fatto fare; drinn…,drinn…, drinn. Aggiorna il suo amico computer, dove tiene raccolti e compressi in (file) tutti i nostri segreti = (rogne), può finalmente salire sul suo nero (camion) e andare finalmente a casa, sperando che là, possa dimenticare le avventure della faticosa giornata…o forse nò!… e che la notte magari pensi: “A Gino ghe àvàròe dàt le pastiglie giuste!…”, “a Toni la puntura che ghe hò fàt,… ghe àvàvràlà fàt ben…?”, “Le medezine a Beppi, …forse era mèiò quelealtre?”. Altro che bel mestier,…an làoro de ….. E’ proprio al caso de dìr (“Se nol vede…àle mèio”) vecchio proverbio provvidenziale, ciao Claudio
Pavei E.