Storia di una tentata indipendenza
Ancora una volta la polvere è stata portatrice di preziosi segreti e tesori che le nostre case spesso custodiscono. Questa volta è stato il turno della soffitta di Niccolò De Min che nel mettere ordine, come tanti di noi in questi mesi pandemici, ha ridato luce ma soprattutto valore ad uno scritto del suo bisnonno Giovanni-Giuseppe Bortot, meglio noto come Bepi del Capo. Lo scritto, a stampa della premiata tipografia di Cavessago, porta il titolo di “Breve sunto storico di Castilione” e una prefazione tanto breve quanto curiosa che rende impossibile non proseguire nella lettura, ed è proprio quello che ha fatto Niccolò… per riordinare il resto della soffitta ci saranno altre occasioni.
“Indipendente dall’azione zelante
del comitato “pro autonomia” ho creduto di far cosa utile, per la verità, compilando questi brevi cenni storici per mettere certe voci al loro vero posto”
Bortot Giovanni
Inizia qui il racconto di una storia di un’autonomia mai ottenuta, ma di cui ancora oggi “i nostri veci” ricordano le gesta. In questo breve articolo proveremo a delinearne i tratti salienti della storia di Castilione, riportando quanto presente nel documento, che non possiamo essere certi contenga verità storiche, ma che senza dubbio dimostra l’esistenza di un forte senso di appartenenza della Pieve Castionese che ancora oggi, tanto più nell’ultima decade con la fondazione della Pro loco, resiste al passare dei secoli.
Bepi del Capo lo sottolinea in apertura: il tentativo di fondare il Comune di Castion nasce da ragioni di carattere storico; tuttavia alle ragioni storiche si sommano elementi di opportunità amministrativa e nello specifico di forte convenienza di gestione dei tributi del territorio castionese.
La ragione storica è evidenziata dall’autore, tant’è che nel tentativo di “separazione dal Comune di Belluno non c’è nulla di nuovo o di strano ma solo la volontà di rimettere nei suoi antichi diritti il vecchio Comune…”. Il riferimento è al 1557 quando Castion ottenne dal Senato Veneto di costituirsi corpo pubblico “distruggendo ogni vestigio di autorità” da Belluno, un corpo composto da 12 regole (parte delle attuali frazioni) e relativi rappresentanti con a capo un Sindaco. A questa struttura amministrativa, che operò per oltre due secoli, va dato il merito dell’istituzione dei registri battesimali, ancora in larga parte custoditi dalla parrocchia di Castion.
L’autonomia castionese ebbe formalmente termine il primo maggio 1816 quando Belluno venne nominata città Regia, prestigioso titolo per cui fu però necessario ampliare la popolazione di riferimento: i soli abitanti di Belluno non erano sufficienti per ottenere la nomina e l’annessione di Castion fu ritenuta quindi operazione necessaria. La promessa nei confronti dei castionesi di mantenimento di un’autonomia amministrativa nonostante l’annessione fu da subito disattesa, tanto che l’autore senza mezzi termini parla di “truffa”, ed è proprio da questo sgarbo che inizia il tentativo castionese di riottenere la propria indipendenza dalla città di Belluno.
Il primo tentativo risale al 1827 quando una delegazione castionese si recò a Milano dal vice Re, il quale, sentite le ragioni della visita, non ebbe dubbio sul da farsi: seduta stante formalizzo la sua posizione con “un rescritto imperiale che ordinava all’imperiale regio delegato di rimettere Castione nella sua indipendenza amministrativa”. Inorgogliti del risultato ottenuto, i componenti della delegazione vennero accolti in patria da eroi; il tanto ambito rescritto valse un invito a pranzo dall’allora Arciprete Sperti, un pranzo che però, per cause comiche, ebbe conseguenze tragiche, infatti “avendo forse bevuto troppo o per studio, datosi loro da bere oltre misura, il prezioso rescritto sparì”.
In un primo momento, l’imbarazzo di aver buttato alle ortiche un risultato tanto bramato in maniera così superficiale fece mantenere la notizia riservata, ma, oggi come allora, nel paese piccolo la gente mormora e ben presto l’Arciprete venne formalmente accusato di aver fatto sparire il documento. Il religioso negò un suo coinvolgimento giurando persino solennemente sull’altar maggior con in mano il Santissimo, salvo poi fuggire nottetempo a Belluno dove verrà nominato canonico capitolare.
Castion e i suoi abitanti però non demorsero e da quel vano tentativo ce ne furono altri; nel 1893 si avvia una nuova operazione di secessione affidando l’arduo compito all’avvocato Volpe che però “vuoi per tradimento, vuoi premurose offerte di trattamento migliore fatte dal Sindaco, facendo vedere la cosa più difficile di quello che era abbandonò la cosa”. Nel 1905, in seguito a un forte risentimento popolare dovuto all’elezione di solamente due rappresentanti castionesi nell’organo amministrativo bellunese (a fronte di oltre 7.000 abitanti rappresentati), un nuovo tentativo di raggiungimento dell’autonomia ebbe luogo.
Nel gennaio 1906 fu formalmente fondato il Comitato pro autonomia, attraverso un’assemblea a cui parteciparono i rappresentanti più influenti dei 16 paesi. L’assemblea deliberò in primo luogo la costituzione di una commissione (formata anche dai consiglieri eletti, che da due, proprio per volere dei castionesi passarono a cinque) incaricata di verificare i “mezzi legali” per ottenere la definitiva separazione. La commissione non esitò a dare i primi risultati e, dieci giorni più tardi, convocò una nuova assemblea al fine di informare i membri che nei giorni successivi si sarebbe proceduto a far firmare a tutti gli elettori castionesi un documento capace di dimostrare formalmente la volontà del popolo. L’operazione ebbe un successo clamoroso tanto che “calcolati gli assenti e gli ammalati, si può dire unanimi firmarono la domanda di separazione”.
Lo scritto di Bepi del Capo finisce qui: nelle sue parole finali si legge una forte speranza e convinzione che un volere tanto condiviso non possa che portare ad un esito positivo di autonomia. Il tempo però sarà foriero di delusione e il Comune di Castion non vedrà mai la luce. Almeno per il momento.
Autore: Michele Pellegrini e Niccolò De Min