Nà partideta a carte
Una giornata come le altre, dopo pranzo na piccola pennichella sul comodo e soffice divano, tanto per digerire lentamente, poi al risveglio una sbirciatina al grande e implacabile orologio da muro; di già le tre e un quarto?, allora su di scatto, forse una lavata ai denti e in fretta scavalchi la soglia dell’uscio, gridando ai famigliari: <<Mi sòn n’dàt>>, te sera la porta, e sani e grazie. Ale na bèla giornata, si va a piedi, tanto al bar è qui vicino, ma non si capisce la fretta di quei quattro passi decisi e veloci verso la meta, all’arrivo si capisce il perché. Tre individui, che tu conosci benissimo sono già pronti belle seduti al posto di combattimento, attorno ad un tavolo con quattro sedie, una è vuota…la tua, e siccome sono già da un pezzo che ti stanno aspettando per la solita partitina a carte, ricevi i soliti “complimenti: <<teàla fat lavar i piati ànca àncòì ?…>>, <<Speteetù che gnesse nòt…>> al terzo: <<Dai che àl sòl al magna le ore…>>(i puntin drio le frasi sono gli aggettivi qualificativi all’insegna del ritardatario) Cosi, ancora prima di sederti al tuo posto riservato, ricevi un sacco di appellativi. Naturalmente guai a replicare a tono, altrimenti la dose rincara e poi chi più ne sa più ne dice. Ti siedi, ma sei già agitato perché tu vorresti sempre sederti con la schiena rivolta al muro, questo lo vediamo più avanti il perché. Dopo le frasi di assestamento si dà inizio alla partita, la carte sono già in mano al mazziere che da un po’ di tempo le stà mescolando, l’attesa è così snervante perché invece di smistarle velocemente si è tranquillamente messo a discutere con un avventore del locale sulla quantità di legna che gli deve portare, e a che prezzo, poi il discorso cade perché il vocio dei compagni di gioco si alza di volume e cominciano a dare segni di nervosismo… Finalmente il gioco comincia <<Allora solito, quattro raggi a briscola e àn trèsèt>> Le carte scivolano davanti a ogni giocatore, con maestria sapienza si fermano sul bordo del tavolo senza cadere, altrimenti fai la figura del pagliaccio, finalmente si comincia. Già i primi pesanti commenti all’uscita della briscola di tavola, tutti i dìs la sòa…, però, quelle sono le carte e quelle te le giochi. Tutto fila liscio, o quasi, fino alla fine, dove c’è la suspense, sono rimasti tutti con le ultime tre carte, e lì c’è la grande sfida, o te vinse o te perde, tutti i fa i ragionamenti più impensati, besteme, te conta i àss che le pasà, le briscole, te ghe domanda al to collega se al’à vìst pàsar al quatro da danari, insomma te le pensa tute, roba da scervellarse, finalmente te ha deciso, e se va avanti col dogo.
No te dighe la coincitaziòn che ghe né atorno al tàolìn, si è avvicinato per l’occasione quei tre signori che tranquillamente se beea n’ombra su pàr àl banco, e ànca quei, i ol dir la sòa. Dopo tut sto rebàlton, si conclude al primo ragio, al secondo al fila liss, parchè gli avversari i ha pescà tute le briscole e i ha vint ancora a metà dogo. <<Ho fàt sèì…Genoveffaaaaaaa, an’ombra del solito…>> e bisogna portarghela in presa, parchè noi scominsie ad agitarse. Per gli altri raggi la storia si ripete, più o meno allo stesso modo. <<Và ben àdes se rifòn a tresèt>>, i spera quei che ha pèrs. Qua bisogna ragionar àn cìn de pì, te ha diese carte in màn nò pì trè, e se scominzia. A’ncà qua, delle bèle discussion, addirittura un al ghe tira le carte sul muso al so compagno, parchè all’hà sbaglià a tiràr al trè da cope, e a seguir na carica de asenàde. Per fortuna si risolve con na beesta. Te se ormai agli ultimi giri, il punteggio è pressapoco uguale, manca poco alla fine, dalle eccitazioni si sente che c’è il gran finale, qualcuno comincia ad avvicinarsi al tavolo dei giocatori, la partita è importante vincerla, per poi poter infierire con appellativi pesantucci sugli avversari di tutti i giorni. Attenzione,… siamo alle battute finali, la decisione per la vittoria è nelle tue mani, senti il fiato sul collo di quelli che ti stanno appiccicati dietro la schiena in attesa che tu commetta il fatidico errore. Appena lanci la carta, al fetente che te àvea drìo la schena al te diss: <<Nòòòòò quela là, te àvea da dùgàr àl dòì da spàde insemenì, te te ha magnà la partida…>> (Ecco perché volevo il posto con la schiena al muro) Allora te te gira, e te scominsia a dirghen sù na ràta che no finìs pì, compreso tutti gli aggettivi qualificativi del discorso, e questo, siccome no ghe intàresa gnènt, perché quello del rompiballe è il suo mestiere, se la ride e continua a deglutire la so ombretta, mentre tu avvilito come un cane, e sconsolato, raggiungi al banco per pagare il conto, alla faccia dei amighi… Però doman àle n’altro dì…, me rifarò…
Ennio p.