Ho osservato in questi giorni andando a passeggiare nei dintorni del nostro paesello, e facendo dei tratti in mezzo alla campagna che alcuni appezzamenti sono con l’erba alta.
Mi domando; bhe, con quel tempo che fa, forse i proprietari non l’hanno tagliata perché altrimenti poi non si secca, e se prende pioggia ancora peggio.
Poi faccio un veloce promemoria mentale, e mi accorgo che è già dall’altro anno che non falciano più quel pezzo, effettivamente si nota dalle erbacce e sterpaglie cresciute selvaggiamente li attorno.
Mi ricordo da ragazzo, quando si andava a giocare in giro, per i prati circostanti, si poteva camminare e giocare dappertutto.
Tutti tenevano sempre pulito e in perfetto ordine, e non avevano certo gli attrezzi del giorno d’oggi.
Ma perché succede tutto questo?
Ho provato a pensarci, e ho anche contattato degli anziani per scoprire cosa sta succedendo.
Quasi tutti la stessa risposta, ovvero, i tempi sono cambiati, le nuove generazioni non amano la campagna, tutti in fabbrica, o in uffici o comunque lavori estranei a quelli del campagnolo.
Le stalle non esistono quasi più, solo pochi tengono le mucche, unicamente se in casa vivono i vecchi, quelli di una volta, e gli appassionati.
Perciò, che ne faccio dell’erba?. E così, sebbene ci siano gli attrezzi moderni, i prati e la boscaglia prende il sopravvento sull’uomo.
Le siepi e i sottoboschi, mi rammentavano ancora gli anziani, si tenevano sempre puliti, primo per la legna da ardere, secondo, perché anche le foglie cadute in autunno venivano raccolte per accudire il bestiame, che a sua volta serviva per concimare campi e orti, una volta divenuto letame. Queste in sintesi le preoccupazioni degli anziani con cui ho fatto una chiacchierata, nell’era supermoderna non si guarda, non si coltiva e non si vive la bellezza della natura, e intanto il mondo va avanti, e noi non sapremo cosa succederà alle nostre future generazioni.
Comunque vada, gli anziani dicono che la terra verrà ancora buona.
D’altronde non è forse vero che per cibarci abbiamo bisogno anche di quella?
(Ennio P.)